Scampia

Non ero mai stato a Napoli prima del Natale 2016 e un po’ me ne vergognavo. Finalmente con l’occasione di vedere lo spettacolo di un amico sono riuscito a visitare questa città che per un fotografo non può che risultare meravigliosa. Non volevo tuttavia vedere solo via dei Tribunali, il Lungomare, San Gregorio Armeno e così ho chiesto a Francesco, un mio studente di fotografia tornato a vivere a Napoli, persona coltissima e meravigliosa, di farmi visitare anche qualcosa di un po’ meno turistico. Quando mi disse però “ti ho organizzato un bel giro a Scampia” ebbi un attimo di incertezza e pensai… “forse mi ha preso un po’ troppo sul serio!”.
In un fotografo però la curiosità prevale sempre sulla paura e così nella mattina più fredda e ventosa della storia di Napoli, eccoci a Scampia con Francesco e Claudio, consigliere del municipio che sarà il nostro Virgilio.
Che dire di Scampia? E’ un po’ la sintesi dei tanti ossimori napoletani. Prima di tutto le Vele: un’urbanistica utopistica anni ’60 trasportata in una periferia densamente abitata e rivoluzionata dal terremoto dell’Irpinia: praticamente la storia di un fallimento annunciato.
Ci ritroviamo così allo stato attuale: dei palazzi degni dell’archeologia industriale che però sono ancora in parte abitati, tra rifiuti, calcinacci, amianto, muri pericolanti… Ma Scampia è anche simbolo del riscatto: la promessa, che speriamo venga mantenuta, dell’abbattimento di questi mostri in cambio dell’assegnazione di case popolari più piccole, a misura d’uomo. Le tante associazioni che lottano e creano momenti di aggregazione. La società civile che resiste. Per motivi di tempo, e per avere un ricordo di strutture che un giorno spero vicino non esisteranno più, mi sono concentrato sulle Vele. Nel prossimo viaggio spero di fotografare anche le sedi delle organizzazioni civili e gli attivisti, la palestra di judo e quella di calcio e le tante realtà di un quartiere che vuole rinascere.
Scampia nel mio ricordo è anche, e soprattutto, la compagnia delle mie due mitiche guide, Francesco e Claudio, nonché la miglior pizza fritta e il miglior caffé che abbia bevuto a Napoli, più ancora di tanti rinomati locali nel “centro centro”. Evviva la vita, così fragile eppure così inestinguibile anche nei contesti più difficili.

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